giovedì 21 luglio 2016

Come Gianburrasca, parte terza( schegge di memorie passate )

Penso a lei e le immagini di quei giorni lontani e sereni si moltiplicano davanti ai miei occhi: il suo orto con le grandi zucche pronte per essere trasformate in succulenti pietanze, i rossi pomodori che mangiavo appena raccolti dopo una rapida sciacquata sotto la fontana; ( la fontana della nonna mi ha sempre affascinato fin dalla più tenera età, grande quanto basta perchè da piccolina potevo tranquillamente farci la doccia, e poi "la pompa" con la quale portavi l'acqua in superficie, acqua talmente fredda che d'estate mettevano al fresco i cocomeri),  e ancora zucchine, fagiolini, carote ecc.ecc.ecc. e poi unico nel suo genere l'orto, incassato fra siepi di dalie, rose e, più vicino alla casa, in modo da creare un angolino fresco al riparo dal sole, quello che mia nonna chiamava il "belsot", ( altro non era che un pergolato di lunghi tralci di vite dai grappoli rubini e succosi con i quali a settembre le donne di casa preparavano i sughi più buoni che io abbia mai mangiato.
Ricordo ancora il mio primo erbario iniziato proprio con una foglia di vite; la raccolta delle foglie e, anche dei fiori campestri messi poi a seccare fra le pagine di un pesante volume che la nonna mi aveva prestato per l'occasione;  il lavoro della ricerca per l'identificazione delle varie specie raccolte e rigorosamente classificate col nome scientifico a cui aggiungevo il nome dialettale che la nonna mi suggeriva. Dialetto particolare,  le cui parole attingono ad una arcaica lingua francese, incomprensibile se non sei di quei posti. Ricordo un lontano giorno in visita alla nonna con il mio futuro marito che dovetti improvvisarmi interprete; nella conversazione che ne era nata con nonna, zie e cugini, rigorosamente in dialetto, ( non immaginavano che il mio futuro marito non comprendesse quasi nulla del dialogo ) ad un certo punto, guardandolo, gli rivolsi una domanda cercando di coinvolgerlo, ma mi resi conto dal suo sguardo della sua difficoltà a capire, chiedemmo tutti scusa e, dopo un rapido sunto, riprendemmo a parlare nella lingua di comune comprensione. Donna energica, la nonna, donna all'avanguardia ( potrei definirla la prima femminista che io abbia conosciuto), ricordo un episodio calzante a dimostrazione di quanto asserito. Avevo all'epoca sui 13/14 anni e adoravo i pantaloni, non solo perchè spopolavano fra i giovani, ma sopratutto perchè essendo un " maschiaccio" li trovavo semplicemente comodi. Era una domenica pomeriggio e come tutte le domeniche accompagnavo la nonna al cimitero, fiori freschi sulle tombe, estirpazione delle erbacce e, mentre la nonna si tratteneva un poco sulla tomba del nonno, io girovagavo alla ricerca di nomi di possibili antenati o in qualche modo imparentati con noi, al ritorno, come al solito avrei sommerso la nonna di domande, in qualche maniera erano i primi rudimenti di quello che poi ho fatto da adulta, la stesura del mio albero genealogico. Quella domenica non eravamo sole, alcune signore"bene" stavano chiacchierando di vestiti, cappellini e quant'altro, quando una di loro fece un commento sgradevole nei confronti del mio abbigliamento interpellandomi direttamente, rimasi annichilita, che cosa mai avevo fatto di così orrendo e spregievole, la nonna si alzò (portava sempre una seggiolina con se) si avvicinò al gruppetto e con molta calma e dignità fece loro notare come assomigliassero a dei veri "sepolcri imbiancati" che non bastava agghindarsi e profumarsi, il puzzo che emanavano partiva direttamente dai lori cervelli in putrefazione, poi, con una calma serafica, augurò loro una buona domenica e, prendendomi per mano ce ne andammo. Avevo paura che la nonna fosse arrabbiata e non domandai nulla, fu lei stessa, arrivate a casa, che mi spiegò che non dovevo temere di essere come mi sentivo, senza vincoli cosiddetti morali o di circostanza, avevo il diritto di andare a testa alta, la mia coscienza doveva guidarmi, e non i perbenismi di donnette senza cervello. Penso che un pò del suo carattere forte e non convenzionale mi sia stato trasmesso, grazie nonna anche se non sempre è facile tener fede a, se stessi.

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