domenica 31 luglio 2016
Ortensie che passione
Ortensie, dopo l'inverno erano ridotte proprio male, sembravano morte; ma mio marito non si è arreso, le ha potate, concimate, innaffiate e posizionate all'aperto; ed ecco che loro ci hanno ricompensato con questa bella fioritura.
giovedì 21 luglio 2016
Come Gianburrasca, parte terza( schegge di memorie passate )
Penso a lei e le immagini di quei giorni lontani e sereni si moltiplicano davanti ai miei occhi: il suo orto con le grandi zucche pronte per essere trasformate in succulenti pietanze, i rossi pomodori che mangiavo appena raccolti dopo una rapida sciacquata sotto la fontana; ( la fontana della nonna mi ha sempre affascinato fin dalla più tenera età, grande quanto basta perchè da piccolina potevo tranquillamente farci la doccia, e poi "la pompa" con la quale portavi l'acqua in superficie, acqua talmente fredda che d'estate mettevano al fresco i cocomeri), e ancora zucchine, fagiolini, carote ecc.ecc.ecc. e poi unico nel suo genere l'orto, incassato fra siepi di dalie, rose e, più vicino alla casa, in modo da creare un angolino fresco al riparo dal sole, quello che mia nonna chiamava il "belsot", ( altro non era che un pergolato di lunghi tralci di vite dai grappoli rubini e succosi con i quali a settembre le donne di casa preparavano i sughi più buoni che io abbia mai mangiato.
Ricordo ancora il mio primo erbario iniziato proprio con una foglia di vite; la raccolta delle foglie e, anche dei fiori campestri messi poi a seccare fra le pagine di un pesante volume che la nonna mi aveva prestato per l'occasione; il lavoro della ricerca per l'identificazione delle varie specie raccolte e rigorosamente classificate col nome scientifico a cui aggiungevo il nome dialettale che la nonna mi suggeriva. Dialetto particolare, le cui parole attingono ad una arcaica lingua francese, incomprensibile se non sei di quei posti. Ricordo un lontano giorno in visita alla nonna con il mio futuro marito che dovetti improvvisarmi interprete; nella conversazione che ne era nata con nonna, zie e cugini, rigorosamente in dialetto, ( non immaginavano che il mio futuro marito non comprendesse quasi nulla del dialogo ) ad un certo punto, guardandolo, gli rivolsi una domanda cercando di coinvolgerlo, ma mi resi conto dal suo sguardo della sua difficoltà a capire, chiedemmo tutti scusa e, dopo un rapido sunto, riprendemmo a parlare nella lingua di comune comprensione. Donna energica, la nonna, donna all'avanguardia ( potrei definirla la prima femminista che io abbia conosciuto), ricordo un episodio calzante a dimostrazione di quanto asserito. Avevo all'epoca sui 13/14 anni e adoravo i pantaloni, non solo perchè spopolavano fra i giovani, ma sopratutto perchè essendo un " maschiaccio" li trovavo semplicemente comodi. Era una domenica pomeriggio e come tutte le domeniche accompagnavo la nonna al cimitero, fiori freschi sulle tombe, estirpazione delle erbacce e, mentre la nonna si tratteneva un poco sulla tomba del nonno, io girovagavo alla ricerca di nomi di possibili antenati o in qualche modo imparentati con noi, al ritorno, come al solito avrei sommerso la nonna di domande, in qualche maniera erano i primi rudimenti di quello che poi ho fatto da adulta, la stesura del mio albero genealogico. Quella domenica non eravamo sole, alcune signore"bene" stavano chiacchierando di vestiti, cappellini e quant'altro, quando una di loro fece un commento sgradevole nei confronti del mio abbigliamento interpellandomi direttamente, rimasi annichilita, che cosa mai avevo fatto di così orrendo e spregievole, la nonna si alzò (portava sempre una seggiolina con se) si avvicinò al gruppetto e con molta calma e dignità fece loro notare come assomigliassero a dei veri "sepolcri imbiancati" che non bastava agghindarsi e profumarsi, il puzzo che emanavano partiva direttamente dai lori cervelli in putrefazione, poi, con una calma serafica, augurò loro una buona domenica e, prendendomi per mano ce ne andammo. Avevo paura che la nonna fosse arrabbiata e non domandai nulla, fu lei stessa, arrivate a casa, che mi spiegò che non dovevo temere di essere come mi sentivo, senza vincoli cosiddetti morali o di circostanza, avevo il diritto di andare a testa alta, la mia coscienza doveva guidarmi, e non i perbenismi di donnette senza cervello. Penso che un pò del suo carattere forte e non convenzionale mi sia stato trasmesso, grazie nonna anche se non sempre è facile tener fede a, se stessi.
Ricordo ancora il mio primo erbario iniziato proprio con una foglia di vite; la raccolta delle foglie e, anche dei fiori campestri messi poi a seccare fra le pagine di un pesante volume che la nonna mi aveva prestato per l'occasione; il lavoro della ricerca per l'identificazione delle varie specie raccolte e rigorosamente classificate col nome scientifico a cui aggiungevo il nome dialettale che la nonna mi suggeriva. Dialetto particolare, le cui parole attingono ad una arcaica lingua francese, incomprensibile se non sei di quei posti. Ricordo un lontano giorno in visita alla nonna con il mio futuro marito che dovetti improvvisarmi interprete; nella conversazione che ne era nata con nonna, zie e cugini, rigorosamente in dialetto, ( non immaginavano che il mio futuro marito non comprendesse quasi nulla del dialogo ) ad un certo punto, guardandolo, gli rivolsi una domanda cercando di coinvolgerlo, ma mi resi conto dal suo sguardo della sua difficoltà a capire, chiedemmo tutti scusa e, dopo un rapido sunto, riprendemmo a parlare nella lingua di comune comprensione. Donna energica, la nonna, donna all'avanguardia ( potrei definirla la prima femminista che io abbia conosciuto), ricordo un episodio calzante a dimostrazione di quanto asserito. Avevo all'epoca sui 13/14 anni e adoravo i pantaloni, non solo perchè spopolavano fra i giovani, ma sopratutto perchè essendo un " maschiaccio" li trovavo semplicemente comodi. Era una domenica pomeriggio e come tutte le domeniche accompagnavo la nonna al cimitero, fiori freschi sulle tombe, estirpazione delle erbacce e, mentre la nonna si tratteneva un poco sulla tomba del nonno, io girovagavo alla ricerca di nomi di possibili antenati o in qualche modo imparentati con noi, al ritorno, come al solito avrei sommerso la nonna di domande, in qualche maniera erano i primi rudimenti di quello che poi ho fatto da adulta, la stesura del mio albero genealogico. Quella domenica non eravamo sole, alcune signore"bene" stavano chiacchierando di vestiti, cappellini e quant'altro, quando una di loro fece un commento sgradevole nei confronti del mio abbigliamento interpellandomi direttamente, rimasi annichilita, che cosa mai avevo fatto di così orrendo e spregievole, la nonna si alzò (portava sempre una seggiolina con se) si avvicinò al gruppetto e con molta calma e dignità fece loro notare come assomigliassero a dei veri "sepolcri imbiancati" che non bastava agghindarsi e profumarsi, il puzzo che emanavano partiva direttamente dai lori cervelli in putrefazione, poi, con una calma serafica, augurò loro una buona domenica e, prendendomi per mano ce ne andammo. Avevo paura che la nonna fosse arrabbiata e non domandai nulla, fu lei stessa, arrivate a casa, che mi spiegò che non dovevo temere di essere come mi sentivo, senza vincoli cosiddetti morali o di circostanza, avevo il diritto di andare a testa alta, la mia coscienza doveva guidarmi, e non i perbenismi di donnette senza cervello. Penso che un pò del suo carattere forte e non convenzionale mi sia stato trasmesso, grazie nonna anche se non sempre è facile tener fede a, se stessi.
sabato 16 luglio 2016
Attacchi di panico..............
Sono in Piazza Italia, a Firenze, ci sono passata tante di quelle volte che ne ho perso la memoria, ma oggi è diversa!!! Cosa c'è di diverso, il traffico come al solito è caotico....., devo guardare la strada, le auto che sfrecciano intorno..... ecco cosa c' è di anomalo, i palazzi o esattamente le facciate dei palazzi sono ricoperte da grandi teli per lavori di ristrutturazione. I miei punti di riferimento sono nascosti dietro quelle tele gigantesche, caos nella testa, caos intorno a me, non posso fermarmi, prendo la prima strada a destra e mi incolonno alle altre auto, è tutto un suonare di clacson, sò immediatamente che ho sbagliato, non riconosco il paesaggio urbano che mi circonda, dove sono? E sottile come una lama di luce il panico si insinua nella mia testa, devo resistere, il respiro si fa più corto, devo resistere..., mi manca l'aria, devo resistere...., il cuore accellera i battiti e devo continuare a guidare nel caotico traffico fiorentino nell'ora di punta, non mi posso fermare, vago ormai senza una meta sicura, leggo i cartelli stradali (in quella zona la viabilità è pessima) cerco di farmi un'idea, esco dal grande viale e giro istintivamente a destra; errore colossale, mi ritrovo in un intricato labirinto di sensi unici, stradine strettissime, penso, se incontro una bicicletta dovrò salire sul marciapiede, svolto per l'ennesimo incrocio e ...davanti a me un suv con la portiera aperta , fermo......., freno, ... aspetto uno, due, tre minuti, guardo l'orogio fra quaranta minuti ho un appuntamento sul lungarno.. tranquilla mi ripeto ce la farai, comincio anche a sudare nonostante l'aria si sia rinfrescata notevolemente, tento un leggero colpo di clacson, non succede niente, sto per scendere dalla macchina quando esce un individuo un poco scocciato che indifferente sale sul suv e se ne va sgommando. Si affaccia un ragazzo , non posso non approfittarne ,visto che in quei vicoli è la prima persona che incontro, e gli chiedo l'informazione che mi occorre, mi guarda e capisce che non ci sarebbe storia nello spiegarmi come riprendere all 'incontrario la strada percorsa, mi dice che quel luogo è un ginepraio di stradine piccole, strette e a senso unico, quindi? domando un tantino allarmata? mi spiega gentilmente la strada per uscire da quel labirinto poi.... poi dovró domandare di nuovo, il tempo passa manca poco più di mezzora, io sempre più nel panico e decido, non posso ripercorrere all'incontrario tutta la città, la circumnavigherò e detto fatto prendo per l'autostrada, mi calmo, faccio dei profondi respiri e cerco un'indicazione, eccola , la seguo speranzosa ed ecco che comincio a riconoscere i luoghi, il ponte dell'indiano...... ma dove sono finita? niente panico so dove sono, nessuno mi fermerà, arriverò puntuale all'appuntamento. Prendo l'autostrada a Sesto ed esco a Firenze sud poi, via verso il lungarno fiorentino, sono arrivata , in anticipo di cinque minuti, ma con 60 km in più . Considerato che, nella vita, è necessario essere ottimisti, vediamola così, sono riuscita a dominare, anche se solo parzialmente, il mio attacco di panico, sono fiera di me.
lunedì 11 luglio 2016
Un antico rituale
Fine settimana al fresco e ricomincia la voglia di fare, scovo fra i miei " ma lo tengo perchè non si sa mai " un pezzo di ramo che l'hanno passato, uno dei miei nipoti, mi aveva portato da una passeggiata nei boschi, ( perchè aveva una forma strana, accattivante ). Prendo il ramo fra le mani, lo giro e lo rigiro e alla fine con un seghetto per legno e carta abrasiva ne ricavo una pipa, o forse assomiglia di più a un calumet della pace? A voi la scelta!!
sabato 9 luglio 2016
Un quadrato di stoffa comperato per istinto
Un giro per un mercatino, mi soffermo davanti a una bancarella di scampoli, non mi serve nulla ma , non si sa mai, vedo alcuni scampoli di mio interesse fra i quali questo quadrato di stoffa per bambini, non ne ho bisogno, ma mi intriga; e così dopo circa due anni la utilizzo per foderare il vecchio e ormai obsoleto cestino per la legna; della serie se una cosa ti ispira, comprala prima o poi la utilizzerai.
lunedì 4 luglio 2016
Fiori nel mio giardino
Sono fioriti i gigli di san Giovanni, stanno per fiorire le ortensie blù , il primo bocciolo di rosa ha un colore bellissimo, e per ultimi ma non ultimi per bellezza, i gerani rosso fuoco.
domenica 3 luglio 2016
Visciole, un frutto, una marmellata.
Oggi siamo scappati dalla calura opprimente della pianura padana e approdati in mezzo ai monti,"che freschino meraviglioso". Con il fresco e in assenza di afa, sono un'altra persona, più attiva, con voglia di fare. Quindi sono andata a raccogliere le visciole ( per i pochi che non ne conoscono l'esistenza, sono piccole ciliege selvatiche, succose, ma aimè di piccole dimensioni). Poi, all'opera; ho fatto la marmellata; ho lavato velocemente le ciliege sotto l'acqua corrente, le ho snocciolate ( io lo faccio manualmente ) e pesate, ho ottenuto 1600 grammi di prodotto a cui ho aggiunto 800grammi di zucchero, messo il tutto in una pentola e fatto bollire fino a raggiungere la giusta densità. Ho ottenuto solamente 4 vasetti, ma che buona!!! Domani mi aspetta un altro lavoro: il nocino, ma questo sarà un altro post.
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